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Mai come ora è necessario comunicare. Intanto la società querela Antonini

Dal 1 luglio sembra siano trascorsi due secoli e non due mesi. Cambiati scenari e mutati i ruoli dei personaggi in una sceneggiatura che si fa sempre più tetra.

In quella famosa conferenza stampa di illusoria riappacificazione (c'era ancora uno scalpitante Capuano), ma anche di dubbi da sciogliere (questione Iacovone sullo sfondo), emerse la volontà di Massimo Giove di migliorare la comunicazione, essere più attivo e costante nei rapporti con i mezzi di informazione. Propositi insabbiati dal disimpegno dichiarato formalmente poco dopo (a conti fatti non ancora sostanziale), dalla consapevolezza che senza la piena disponibilità dello stadio non fosse possibile continuare la gestione del club (succo dell'intervista rilasciata a Cronache Tarantine un mese fa). Da quel 1 luglio, poi, sono accadute tante cose. Uno slalom tra nomine di traghettatori e ordigni in villa, tra vere o presunte manifestazioni d'interesse e accrediti negati (perché incorrere ancora in questi spiacevoli scivoloni mediatici...). Per lo stadio siamo pronti a vivere i fatidici giorni risolutivi. In ultimo lo stralcio di un passaggio di una conferenza stampa del presidente del Trapani, Valerio Antonini, con accuse circostanziate e gravi riguardanti i particolari scabrosi di una trattativa di mercato dello scorso anno: protagonisti l'Antonini, questa volta il difensore italo-brasiliano passato poi a gennaio al Catanzaro, l'Antonini presidente e Massimo Giove. Questo lo stralcio incriminato e secondo il presidente Trapani documentato. “Voleva che io pagassi questi soldi come sponsorizzazione ad una sua società esterna in modo tale che poi questi soldi chissà che fine facevano”. Un video diventato virale in modo instantaneo, tra l'altro in una conferenza stampa già pubblica (qui non parliamo di audio rubati). E' la versione di una parte da riportare per ora in modo asettico, peraltro da verificare nei suoi singoli aspetti. Il club rossoblù, per queste dichiarazioni giudicate “false e lesive” provvederà a denunciare Antonini “presso le autorità giudiziarie e alla Procura Federale”. Siccome la comunicazione può essere spesso lo strumento per enfatizzare specifiche piaghe sociali, ma anche la combinazione vincente per fare emergere la verità, prendendo a pretesto questa diatriba occorre però lanciare un appello. Il Taranto (a questo punto quando si dice Taranto si dice Lucchesi) faccia sentire spesso la sua voce. Per curare la propria immagine, per dissipare ogni maldicenza, per fare emergere la propria versione dei fatti. Ripescare il proposito comunicativo che aveva animato quel pomeriggio del 1 luglio. La confusione è tanta, le problematiche tantissime, questa potrebbe rischiare con il tempo di diventare una semplice scalpellatura alla già minata credibilità generale. Però bisogna dare un freno. Perché la sensazione è che il volante di questa macchina sia ormai fuori controllo, che nel conto si ammetta la possibilità che si vada a sbattere prima o poi. Dov'è la convenienza? Perché non c'è una reale volontà di cessione al netto di acquirenti solidi e plausibili? Questa società è tecnicamente vendibile? Ci sono dietro l'angolo eventi tellurici imprevisti o previsti da chi ne sa di più? Qualcuno potrebbe obiettare sull'opportunità di rivolgere tali quesiti, farlo piuttosto nelle sedi idonee. I più attenti sanno che le sollecitazioni sono state rivolte, poi ognuno risponde secondo il proprio tornaconto, a volte dribblando. Ecco perché c'è bisogno non più di domande da evadere, ma di prese di posizioni. A difesa di una società, di un territorio, di una tifoseria. Perché c'è evidente contraddizione nel ritenersi fuori da tutto e poi assistere ad un mercato di rafforzamento non proprio banale (Varela, Ardizzone, Zigoni non sono venuti a Taranto semplicemente a svernare), anche solo per domandarsi con quali risorse sia stato foraggiato, visto che per l'autofinanziamento siamo ancora in fase embrionale. Ecco da dove scaturisce il bisogno di una chiara comunicazione, tallone di Achille anche della gestione passata. Perché senza di essa, le singole manchevolezze vengono amplificate e non giustificate. In mezzo ci sono dei giocatori che indossano la maglia rossoblù e un tecnico che li guida. Finora tutto fatto con dignità e onore, il lato buono della vicenda che avrebbe bisogno di maggiore sostegno fisico e morale. Perché appare distorto far ricadere sui giocatori e su un allenatore le presunte colpe altrui. Perché la difesa della categoria, ammettendo allontanamento e perdita di entusiasmo, è sempre un patrimonio da difendere: un punto fermo per un'auspicabile e futura (non si sa quanto futura) ripartenza societaria.

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